giovedì 20 ottobre 2011

Lou Reed & Metallica - Lulu (Vertigo/Warner, 2011)

Jim Morrison a Parigi
Narra la legenda (e conferma il nastro) che nei suoi ultimi mesi di vita, James Douglas Morrison in arte Jim, strafottuto di vino, bourbon o non so che cazzo, incontrò durante il suo vagare per le strade parigine due barboni - americani, credo - che suonavano cover di CSN&Y, sbronzi anche loro come delle merde, seduti sul marciapiede. Il buon Morrison non era estraneo al fare amicizia con scoglionati di ogni tipo, e decise che quei due fortunati sbronzoni sarebbero stati i suoi compagni musicali in un'artistica jam session in un qualche studio parigino del quale lo stesso Morrison avrebbe volentieri pagato il conto. Ne scaturirono i 15 minuti che contribuirono a dare forma a quel bootleg chiamato "The Lost Paris Tapes", la cui prima parte era invece composta dalle poesie (senza accompagnamento alcuno) che Jim registrò a Los Angeles nel 1969 e che finirono (con accompagnamento sovrainciso) su An American Prayer, uno dei tanti album postumi dei Doors. Ebbene, da giovine, quando ebbi modo di mettere mano su una copia di questo bootleg ero a dir poco esaltato... finalmente ascoltavo Jomo & The Smoothies, ultima testimonianza del poeta Morrison!

Era una cagata.
Una MOSTRUOSA cagata.
Una "cagata pazzesca", se vogliamo fare i citazionisti.

Morrison a stento riusciva a parlare, e biascicava versioni improbabili e incoerenti delle sue poesie, i due - aperte virgolette - MUSICISTI - chiuse virgolette - non erano in condizioni nemmeno di suonare un citofono, e non erano probabilmente in grado di suonare una chitarra nemmeno da sobri. Ne uscì una delle cose più tristemente comiche che abbia mai sentito; ma aveva un merito: era involontariamente comica. Non ti sentivi preso per il culo.

Non so se lo stesso merito sia attribuibile a questa opera meravigliosa, perchè Lou Reed non sai mai se ti stia prendendo per il culo o se faccia sul serio, come quando pubblicò un'ora di rumore su due Lp e disse che era un capolavoro, e quindi ti ritrovi a giudicare una voce maschile che ha tutta l'aria di essere la voce di un vecchio pazzo di quelli che trovi nei giardini pubblici ad inveire contro non si sa bene cosa, con aggiunto un sottofondo (melodicamente e ritmicamente incoerente con la voce) di musica metal, talvolta strutturata ma per la maggior parte del tempo frutto di percosse sugli strumenti per produrre qualcosa di vaghissimamente somigliante ad un riff; e non dimentichiamo i poetici testi del calibro di:
"The spring and the will follow me around
While you sniff your shit in the wind
Sniff your shit in the wind
Money can do anything" 

tratti da un'opera del drammaturgo tedesco Frank Wedekind (che culo!) e dalla sua opera madre (Lulù, appunto). Sinceramente, se Lou in questo momento se la sta ridendo alle nostre spalle (e possibilmente alle spalle dei Metallica), è veramente un grande, un genio, un artista. Se, invece avesse la pretesa che questa sia arte, beh... deve avere dei pesci rossi che gli sguazzano nel cranio.
Voto: 1.3

2 commenti:

  1. Senza nulla togliere allo spessore artistico delle due parti (ma soprattutto di Lou) credo che questa collaborazione sia nata solo per l'accostamento di due giganti della musica, tanto che uno poteva pensare "minchia lou reed con i metallica! Chissà quale capolavoro ne deve uscire!..." e invece no. Trovo infatti che tale collaborazione sia del tutto priva di significato, due stili troppo diversi, inconciliabili, tracce storpiate e rivisitate in una chiave di lettura diversa... e pure di scarso livello! Sentire White light white heat in chiave pseudo-metal è un qualcosa di raccapricciante.

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    1. Lou odia il suo pubblico. Nell'estate 2011 è venuto a Taormina, ha fatto cinquanta minuti facendo incazzare, per il suo comportamento, chiunque tra pubblico, addetti ai lavori, tecnici, fonici e band e ha mollato tutti senza uno straccio di bis, senza salutare, niente.
      Questo è Lou, e lo è sempre stato... quindi non so mai se con cose come "Lulù" prende in giro il suo pubblico (e i Metallica, ad ogni buon conto) o se seriamente pensa che una cosa del genere sia "arte". Stavolta propendo, tristemente, per la seconda ipotesi.

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