sabato 14 gennaio 2012

Cloud Nothings - Attack On Memory (Carpak, 2012)

Momento, momento, momento, momento. Ma 'sti cazzo di Cloud Nothings non facevano una sorta di appena sopportabile pop punk misto ad indie rock quasi tollerabile? Sto sicuramente bevendo troppo poco, o sono sicuramente troppo rincoglionito dall'età che avanza, perchè sto avendo l'impressione che le sbandierate influenze   di Greg Sage ed i suoi Wipers - che già da più di un decennio non sono più un nome sconosciuto-barra-allamoda da citare come influenza - siano seriamente finite in quest'album.
Io... io... sono confuso.
Diciamo che, probabilmente, il gruppo di Cleveland non voleva sfigurare davanti a Steve Albini, dal quale sono andati a sciacquare i panni all'interno del suo personale Arno metaforico sito in Chicago, IL, e ha deciso di sfornare qualcosa di più dignitoso della solita fregnata di indie pop rock punk garage di 'sto gran cippardone, della quale fregnata, diGiamolo, non se ne può veramente più, come non se ne può più del revival anni '80 e come non se ne può più di cacacazzi con la barba e la chitarra acustica che fanno musica gentile e delicata.
In realtà, Albini non se li è filati nemmeno di striscio, se ne è fottuto come fa con le centinaia di gruppi scoglionati che ogni anno decidono di voler registrare negli studi del guru di Chicago, ("He played Scrabble on Facebook almost the entire time; I learned some Scrabble tricks. He would alternate between that and writing on his food blog. I don't even know if he remembers what our album sounds like.", dichiara candidamente il frontman Dylan Baldi); in realtà Albini fa sempre e semplicemente il suo lavoro, che è quello di un ingegnere del suono. Anzi, è quello dell'ingegnere del suono (odia il termine "produttore", e ne ha tutte le ragioni) con le palle più quadrate del mondo.
I ragazzini non sono esattamente dei fenomeni della tecnica, nè, probabilmente, particolarmente bravi a gestire il rumore... il che va benissimo se devi suonare dello scoglionatissimo pop punk; ma, laddove tu ti voglia avventurare in inferni sonori ben oltre la tua portata, e allora ecco che arriva zio Albini a fare i miracoli.
Per metà dignitoso post-punk seppur non dei più originali (anche se le introduttive No Future No Past e la lunga Wasted Days sono di inaspettato alto livello), per l'altra metà il solito misto sopportabile di pop punk, indie e influenze rock varie ed eventuali, nobilitati dal perfetto sound Albiniano, diciamo che sono piacevolmente sorpreso da Baldi e soci: un'inaspettata evoluzione per la band dell'Ohio.
Ora levate sto cazzo di indie punk garagettone dalle balle, imparate a suonare come cristo comanda e poi ne ridiscutiamo.
Sciò, sciò, che mi si brucia la roba sul fuoco.
Voto: 6.9

P.s.: Ecco la bella playlist di influenze che Baldi ha stilato per Stereogum lo scorso novembre. Enjoy.

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