martedì 17 gennaio 2012

Paul McCartney - Kisses On The Bottom (Hear Music, 2012)

Il 2012 è entrato, ed è entrato da dietro. 
Si prefigura un adorabile anno di cagate, ho questo presentimento. 
Del resto, non è che ci voglia Nostraminchius a predirlo, dato che l'80% delle uscite discografiche degli ultimi dieci anni infiniti addusse lutti alle tazze der cesso. E pensavo (dati gli scleri maccartiani recenti) che Sir Paul McCartney mi avrebbe senza indugio condotto sulla gelida tazza di ceramica, ad espletare funzioni corporee primarie. 
Ed in verità vi dico, la tazza di ceramica gelida invero conobbe il mio fondoschiena ed il suo rombo di tuono, ma per ragioni ben lontane dall'album del Macca: il fatto di aver guadagnato 6 kg dal giorno di Natale ad oggi significherà pur qualcosa, e quel qualcosa è agghiacciante.
Ma lasciamo perdere queste facezie e torniamo al Beatle che tutti amiamo (tranne gli sporchi comunisti che tifano Lennon e gli stronzi rincoglioniti che amano Harrison... hey, non guardate me, io amo Ringo): Sir Paul, arrivate le vecchiaglie, si concede, giustamente, tutti i capricci che gli garbano.
Nel caso di specie, reinterpreta dodici standard del jazz da Great American Songbook o roba simile, tutta musica che sentiva da bambino: pezzi composti da Irving Berlin, Johnny Mercer, Mort Dixon, Billy Hill... insomma, almeno The Glory Of Love potreste conoscerla nella versione dei Velvetones, dato che è apparsa in Casino di Scorsese.
Accompagnato da Diana Krall e la sua band, prodotto dal pluri-vincitore di Grammy Tommy LiPuma (che, coincidenzialmente, sembra un nome preso da Goodfellas) e edito sull'etichetta di Starbucks (eh?), Paul si è passato sto capriccio.
Intendiamoci, non è che sia un brutto album, anzi: musicisti superbi, produzione di qualità e buon crooning del Macca, che offre ai suoi fan due inediti, sempre nel medesimo stile (in My Valentine Eric Clapton è ospite alla chitarra, mentre nella conclusiva Only Our Hearts è riconoscibilissima l'armonica a bocca di Stevie "Meraviglia" Wonder) i quali non sfigurano affatto mescolati a standard swing di altissimo livello... del resto, parliamo di una delle più geniali menti musicali dello scorso secolo; il problema è che è un disco nel quale si diverte molto di più chi lo ha realizzato che chi dovrebbe ascoltarlo.
Che sia forse il timbro vocale soporifero del ragazzo di Liverpool, che fa sì che i pezzi fungano da ninna nanna?
Insomma se lo portate sulla tazza del cesso in un lettore mp3 correte il rischio di addormentarvi con le chiappe al vento... fate attenzione, se non volete finire come Elvis.
Voto: 7.1

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