giovedì 23 febbraio 2012

Varie 2012 - la certezza è peggio della pazzia

Alla casella "sacrosante certezze", nel panorama musicale del nuovo millennio, ci sono sempre stati nel mio diario Mark Lanegan e i Calibro 35. Concederò, come i più arguti non mancheranno di sottolineare, che sono artisti di tenore e spessore internazionale diverso: beh, Lanegan è stato tra i guru della odiata e piovosa Seattle che ha regnato incontrastata per i primi 5 anni dei '90... concedo, concedo, ci mancherebbe altro.
Non mancherò di sottolineare io, però, che le due certezze sono senz'altro di tenore diverso: Lanegan, certamente, pubblica album esaltati dai critici in ogni dove, competentissimi ed in gamba come rincoglioniti e incapaci; nel caso specifico parliamo di Blues Funeral (4AD, 2012 Voto: 7,1), inevitabilmente, l'album mi piacerà senza esaltarmi, è una dannata certezza. Accompagnato dal fido Alain Johannes, Lanegan invoca Muddy Waters, professandosene schiavo, ma del Blues del titolo resta solo il funerale (sempre nel titolo, guarda tu le coincidenze): una pletora di drum machines e synth ed un cielo plumbeo degno del sopracitato funerale, ma assolutamente privo di blues. Ci troviamo persino una Ode to Sad Disco, perdio!
"The blues ain't nothin' but a good man feelin' bad, thinkin' 'bout the woman he once was with", diceva qualcuno; qui non ci sono good man, non si feel bad proprio nessuno, e non c'è nessuna woman a cui pensare a parte Isobel Campbell, ma mica tanto, cioè, chi cazzo se ne fotte della Campbell? E da dove vengo io, you don't blow no harp, you don't get no pussy. Texture su texture su texture: molto atmosferico ma, appunto per questo, sembra sempre sia sul punto di esplodere, esplosione che, fatta eccezione per l'introduttiva The Gravedigger's Song, non avviene mai.
Non fraintendetemi: è un album di buon livello, come accade sempre con Lanegan. Accade sempre, altresì, che non sia un capolavoro, per quanto concerne chi vi scrive. Sarà che ammemepiaceobblus.
L'altra certezza, i Calibro 35, accostata al poderoso ed altisonante nome di Lanegan, mi procurerà non poche inimicizie, ne sono sicuro... ma STI GRAN CAZZI. Questi ragazzacci  sono ormai al terzo album nel quale ripescano da una osannata tradizione italiana, quella del filmaccio anni '70, possibilmente "poliziottesco". Se dal punto di vista cinematografico con l'osanna costante e ripetuto da parte della critica (e di Quentin Tarantino, mavabbè) si è un po' perso il reale valore di quei film (più di quello che si diceva un tempo, molto meno di quello che si dice adesso), dal punto vista musicale non si è mai elogiato a sufficienza lo splendido lavoro fatto dai vari Trovajoli, Micalizzi, Umiliani, Morricone, Piccione, Bacalov, Manuel De Sica, Stelvio Cipriani, Guido e Maurizio De Angelis e così via discorrendo. 
Caratterizzato come sempre dal livello tecnico superiore che era tipico dei due dischi precedenti (e dei maestri di riferimento), stavolta abbiamo un campionario di pezzi originali (fatta eccezione per Passeg­geri Nel Tempo del maestro Ennio Mor­ri­cone e New York New York  di Piero Pic­cioni)  di Gabrielli e soci che non ha nulla da invidiare a quanto di meglio il filone abbia mai offerto. 
Un misto di jazz, lounge, funk e quant'altro, Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale (Venus, 2012  Voto: 8,3), è un ennesimo lavoro SPLENDIDO nella discografia dei Calibro 35, che non vedo l'ora di rivedere dal vivo.
Che sia il surf-funk-rock di Uh Ah Brrr, o il funkettone di Arrivederci e Grazie, o, ancora, la swingata Buone Notizie, i Calibro hanno fatto nuovamente centro, alla grandissima, non se ne dispiacciano i fan del buon Lanegan.

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