lunedì 2 aprile 2012

Varie 2012 - Fotogrammi in fuorigioco

Yaaawn. La maggior parte della musica che ascolto negli ultimi anni mi butta giù in maniera peggiore di qualunque sonnifero, in maniera peggiore che Maria che fa Giovanna di secondo nome, in maniera peggiore, Zeus grande e misericordioso ci salvi, di Marzullo. Ogni tanto mi capita il miracolo, ma se parliamo di punk rock (o pseudo tale) del nuovo millennio, le probabilità crollano miserissimamente. E, peraltro, gli Sharks con il loro No Gods (Rise, 2012 Voto: 3,6), agghiacciante poppettino con i chitarroni spacciato per punk (con la conseguente, rituale dichiarazione del cantante James Mattok che rivela:"no, non siamo punk", ipocrita dichiarazione standard della quale ho le palle piene sin dai tempi di Billy Joe Armstrong e il suo multimilionario "Dookie"), pesante come le canzoni di Avril Lavigne e rabbioso come Rihanna, questo è un genere di musica che tenta di rendere palatabile una cultura con radici profonde e con contenuti profondissimi, svuotandola di ogni contenuto (sociale, etico/musicale, estetico) e ne lascia un contenitore totalmente privo di qualsivoglia significato, e, ad ogni buon conto, modificandone anche il contenitore con abbellimenti, pulizie e sterilizzazioni varie; ringraziamo per questo i più conosciuti degli apripista, i Blink 182, il peggio del peggio. Sappiate che se ascoltate questa roba, state sentendo una Britney Spears con meno talento, non del punk. Album d'esordio ben prodotto, che non mancherà di riscuotere successi di pubblico e di critica... la seconda già si è sprecata in lodi, lodi, lodi.
La Rise Records, finchè dura, lo ha messo in buona parte gratis su YouTube, approfittatene.
Decisamente meglio i Breton, collettivo inglese che rifiuta la definizione di "band" (o almeno, così mi è parso di capire... avrebbe aiutato che me ne fosse fregata una beatissima minchia, probabilmente) e che propone un electro-indie discretamente intelligente e a tratti pure molto interessante con questo Other People's Problems (FatCat, 2012 Voto: 6,4), talvolta smaccatamente "disco" (Governing Correctly), altre volte cupi e noisy, ma addolciti da campionamenti d'archi (Pacemaker), non mancano buoni momenti in quest'album spesso troppo Skrillexiano e gli appassionati del genere (dance punk? electroindie? sahjkadspok? 'nsomma, se semo capiti, daje) apprezzeranno il fatto che una nuova band sia pronta a tenere alto il livello (yaaaaawn...) della scena, non curanti del fatto che le canzoni che non fanno venire il sonno all'interno dell'album non siano comunque in numero così eclatantemente alto.
Un po' ripetitivo, ma ascoltabile.
Tutt'altro spessore ha il suono di Amadou & Mariam, ormai notissima coppia Franco-Maliana che ripropone, senza grosse innovazioni, il proprio afro-blues, mai come in quest'album carico di collaboratori, peraltro quasi tutti di enorme fama internazionale.
Come di consueto, anche in Folila (Because/Nonesuch, 2012 Voto: 7,8) la "Coppia Cieca" - come si sono autodefiniti a causa del fatto che... beh, cazzo che sono ciechi, no? - mescola in maniera assolutamente perfetta suoni, composizione e persino manierismi occidentali con quelli smaccatamente Maliani che, tra una cosa e l'altra, ormai sono abbastanza riconoscibili anche da un pubblico mainstream. Da un punto di vista della mera evoluzione, quasi nulla di nuovo... ma poco importa, dato che il risultato rimane a livelli sempre molto alti. Registrato prima a New York (con gli "indie") e poi in Mali (con musicisti locali), l'album è stato infine completato unendo il materiale tratto dalle due sessions a Parigi, ottenendo così un vero e proprio mix delle due culture, che è poi quello che ha sempre funzionato degli album di Amadou & Mariam. Sono molte le canzoni di bellezza rara: esempio ne sia la splendida Oh Amadou, che vede come ospite il talentuoso leader dei Noir Desir, Bertrand Cantat, noto oltre che per il successo di "Le Vent Nous Porterà" per aver pestato a morte la compagna Marie Trintignant in un accesso, mentre era totalmente fuori di testa per essersi strafatto di qualche roba che ora non so bene cosa sia. Disprezzo quest'uomo - uscito in libertà vigilata dopo aver scontato metà della pena per omicidio colposo - con tutto il mio animo, ma sono costretto ad ammettere a denti stretti che il suo contributo all'album in numerosi brani è davvero ottimo. E', oggettivamente, possibile separare il lato umano dal lato artistico di una persona? Davvero, non saprei. Il fatto è questo: un numero incalcolabile di artisti ha commesso atti abietti o persino feroci, ma non credo che per questo alcuno di noi disprezzi le loro opere. Se Picasso avesse ucciso la moglie, "Guernica" sarebbe per questo un'opera di minor valore? Ognuno dia a sè stesso la risposta che cazzo gli pare, e torniamo al disco.Talvolta le collaborazioni sono a dir poco ardite (Jack Shears degli Scissor Sisters aggiunge coretti disco a Metemya), ma in generale tutte azzeccate: rilevantissimo, ad esempio, il contributo di Nick Zinner (Yeah Yeah Yeahs) che in numerose tracce complementa la chitarra di Amadou. Tra le altre, da segnalare senz'altro Wily Kataso (ospiti i Tv On The Radio) e Wari (ospite Amp Fiddler che salcazzo chi sia, in tutta onestà). Un ottimo album seppur non particolarmente "nuovo"... ben prodotto, ben registrato e scevro di riempitivi. Bene così.
Citazione breve, infine per Holly Golightly featuring the Brokeoffs che ripropone alcuni tra i suoi classici e oltre che cover di pezzi più o meno conosciuti in un nuovo arrangiamento grazie alla nuova backing band (nuova per dire: il primo album insieme ai Brokeoffs è del 2007). Holly è molto talentuosa, ma l'arrangiamento, a dirla tutta, non funziona un granchè: scarni mandolini e chitarre acustiche bisogna saperli far funzionare e bisogna avere uno stile che non diventi ripetitivo dopo due o tre pezzi, cosa che non si può certo dire dei Brokeoffs. In più Holly non sembra avere lo spessore interpretativo per gestire la sua bella voce in un contesto di questo tipo; paragonarla a Diamond Dave nel progetto "Strummin' with the Devil" (un album di cover bluegrass dei pezzi più noti dei Van Halen) sembra ingeneroso: migliori i pezzi, migliori i musicisti, migliori gli arrangiamenti... ma, nondimeno, si può cogliere anche un diverso spessore nel carisma dei due che consente ad uno di lanciarsi in un'impresa simile, all'altra di far sbadigliare dopo il terzo pezzo. E così Long Distance (Transdreamer, 2012 Voto: 5,4), lungi dall'essere una porcheria, è anche molto lontano dall'essere qualcosa di dignitoso, e gli sbadigli si sprecano.
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