martedì 18 ottobre 2011

Jane's Addiction - The Great Escape Artist (Capitol, 2011)

Perry Farrell era Satana, Lucifero in persona. "Please allow me to introduce myself", sibilava all'esordio, rendendo giustizia al tema demoniaco del classico Stonesiano. Ma bastava anche un semplice "here we go!" a mandare dei brividi lungo la schiena.
E i suoi compari non erano da meno: i riff e gli assoli di Navarro, il genio ritmico di Perkins ma soprattutto del bassista Eric Avery, avevano fatto del gruppo Losangelino i reucci dell'alternativo, sfornando due imprescindibili capolavori e centinaia di devastanti performance live; è normale che, ad ogni reunion, i fan si aspettino che quel cazzo di fuoco prima o poi si riaccenda.

Non è successo con Strays, del 2003.

Non è successo con i tour recenti, non particolarmente.

Abbandonati prima dal redivivo Eric Avery, che non digeriva il nuovo progetto (nè il precedente, se è per quello) e dal ganzo e rozzo Duff McKagan, che li ha mollati nel bel mezzo della fase di scrittura - gradiva poco l'elettronica, a quel che ho capito - i Jane si sono rivolti a David Sitek dei Tv On The Radio, che, oltre a prendere i compiti che solgono essere materia di un bassista, ha aiutato nella produzione e nel maneggiare gli aggeggi elettronici. 

E tutto sto bordello, per poi deludere con un disco di sto genere. Boh. Continuate a girare con i tour, arrivati ad un certo punto, se non ve la fidate più a scrivere pezzi decenti. 

Immaginate i Duran Duran sommati ai Cure con Perry Farrell alla voce: ecco cosa vi aspetta sentendo quest'album. Navarro stordito per tutto il tempo che gigioneggia in evocative sonorità a là Robert Smith o a là Edge... figlio mio, ma sul serio? Ma non ti potevi continuare a drogare? Sto cazzo di Sitek, col cognome che sembra una marca di hard disk, combina poco o gnente per la maggior parte del tempo... siate seri, ragazzi, pensavate davvero di sostituire uno dei migliori bassisti rock degli ultimi 30 anni con un tizio a cazzo? Ed è proprio la mancanza di Avery quella che, nuovamente, si sente in maniera devastante... e Duff, furbo com'è, lo ha capito subito e li ha mollati regalandogli due belle canzoni (Broken People, Words Right Off My Mouth) e una mezza cagatina (Ultimate Reason). Ed è, ancora, proprio Avery il soggetto del miglior pezzo dell'album, quell'evocativa End Of The Lies che ricorda i bei tempi andati insultando uno perchè ricorda i bei tempi andati. E vabbuò, immagino che Perry non abbia colto l'ironia del suo gesto, impegnato com'è nella causa del Global Warming.

 Parlo in virtù della mezza delusione: non pretendo certo che un artista rimanga uguale o faccia le stesse cose per tutta la vita, rischiando di risultare patetico come Alice Cooper che a 70 cazzo di anni balla ancora cantando storie dell'orrore e School's Out conciato come un coglione. Nè sto dicendo che quest'album sia una porcheria, o inascoltabile... arriva ad una dignitosa sufficienza. Ma la vera domanda che pongo è questa: ha senso produrre roba da dignitosa sufficienza, privi di entusiasmo e di carica?

Coraggio ragazzi, mica dico che vi dovete ritornare a drogare, e capisco anche che le ville non si pagano da sole... ma invece di usare il nome sacro per molti (me compreso) dei Juana's Addictiòn, non potreste chiamarlo, che cazzo ne so... Velvet Revolver?
Voto: 6.1

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